Finalmente a Roma l’imperdibile appuntamento per conoscere una delle denominazioni di maggior prestigio del metodo classico italiano e non solo: l’Alta Langa DOCG. La manifestazione è organizzata dal Consorzio Alta Langa che propone le “Bollicine Piemontesi” in un luogo d’eccezione quale Palazzo Brancaccio.
L’Alta Langa DOCG rappresenta il primo metodo classico prodotto in Italia, fin dalla prima metà dell’800, nelle Cattedrali Sotteranee, un monumentale disegno di tunnel e gallerie, scavati tra il XVI e il XIX secolo, nel tufo delle colline delle province di Asti, Alessandria e Cuneo.
L’Alta Langa è esclusivamente millesimato, cioè è fatto di vini – Pinot nero e Chardonnay- di una sola vendemmia e riporta sempre in etichetta l’annata; possiamo incontrarli in purezza o insieme, in percentuali variabili, in versione bianco o rosè ma sempre con lunghissimi tempi di affinamento sui lieviti che, come prevede il severo disciplinare, è di almeno 30 mesi.
Vi riportiamo, con piacere, le impressioni raccolte nella nostra degustazione in questa eccellenza piemontese.
La prima azienda che incontriamo – e che come le altre non ha bisogno di presentazioni – è quella di Ettore Germano, situata su uno dei cru più estesi di Serralunga d’Alba, la Cerretta, dove dal 1995 iniziano gli impianti per Alta Langa Metodo Classico.
Assaggiamo l’extra brut del blend di Pinot Nero e Chardonnay, il vino presenta un colore giallo paglierino intenso, con perlage fine e persistente. Gli aromi spaziano dalla crosta di pane al lievito e frutta secca, con alcune note floreali. In bocca è pieno e ricco con una buona acidità ed una sensazione di cremosità, data dalla spuma fine, che pulisce il palato e conferisce una buona persistenza aromatica.
La riserva Blanc de noir pas dosè 100% Pinot nero è energia allo stato puro, nel calice si mostra di un bel colore giallo paglierino intenso, accompagnato da un perlage fine e persistente. Gli aromi di frutti rossi e i sentori di erbe aromatiche si fondono in un abbraccio di profumi, completato dalle sfumature dei lieviti che rimangono in bottiglia per almeno 65 mesi. L’assaggio è fresco e cremoso, con una fantastica persistenza e un’ottima mineralità.
Infine, la riserva Blanc de Blanc pas dosè 100% Chardonnay; anche qui dopo il tiraggio, che avviene in primavera, il vino rimane in bottiglia su lieviti per almeno 65 mesi. Trascorso il periodo, la sboccatura non prevede nessuna liqueur per rispettare al massimo l’espressione del vitigno e la mineralità del suolo. In degustazione gli aromi di fiori e lievito, con crosta di pane tostato e pietra focaia, si sviluppano intensi ed ampliati da fresche note salate e minerali. Il sorso è pieno e ricco, con una notevole persistenza data dalla fresca acidità, che, esaltata dalla finezza dell’anidride carbonica, rende questo vino un piacevole supporto a piatti sia delicati che succulenti.
Incontriamo, poi, la cantina Enrico Serafino, una vera e propria istituzione del Consorzio oltreché inconfondibile espressione dell’“attitudine piemontese”: tempo, eleganza, complessità e artigianalità.
La particolarità delle cuvée della Casa deriva indubbiamente dal controllo dei vigneti-lieu dit a cui si aggiungono l’esperienza specifica nella denominazione, la disponibilità di molte annate di vini di riserva, la scelta di ridurre al minimo i dosaggi e di evitare distillati nella liqueur d’expédition e, infine, la lunga fermentazione dei vini in bottiglia a contatto con i propri lieviti.
Enrico Serafino può vantare diversi primati nella denominazione. La Casa, infatti, è stata la prima in assoluto a produrre un’Alta Langa Pas Dosé, lo Zero Riserva, così come ad applicare il concetto di affinamento estremo con la produzione dello Zero140 Riserva Pas Dosé affinato oltre 140 mesi sui lieviti.
In particolare, vi vogliamo segnalare Oudeis Rosé, un rosato brillante con sfumature di buccia di cipolla, delizioso al palato con fine e persistente “perlage”. Al naso risulta elegante con sentori di fragola, ribes, fiori di campo, zucchero filato e crosta di pane mentre al palato è fruttato e rimane complesso ma equilibrato, con un piacevole retrogusto minerale.
Oudeis prende il nome dal greco “Odysseus” e significa nessuno. Infatti, secondo la volontà di Enrico Serafino, nessuno è all’origine della complessità del vino; solo il terroir ha questa paternità. L’equilibrio perfetto tra complessità e piacevolezza di questo vino vi conquisterà al primo sorso.
Nelle “terre bianche”, caratterizzate da terreni marnoso-calcarei unici al mondo, di Santo Stefano Belbo sorge la prestigiosa cantina Marcalberto. Questa azienda ha messo a frutto la propria passione e creatività elaborando un proprio metodo di vinificazione che consiste nella spremitura a grappolo intero con torchio tradizionale Coquarde e una fermentazione alcolica delle basi in parte in inox e in parte in legni di rovere francese. È proprio l’utilizzo del legno di varie dimensioni, dalla barrique alla botte grande, per la prima fermentazione e il successivo affinamento sulle proprie fecce di entrambi i vitigni, che caratterizza l’orientamento enologico e stilistico di questo vino.
Ci lasciamo ispirare da “Nature” il loro monovitigno a bacca nera e primo Metodo Classico italiano senza solfiti aggiunti, prodotto in maniera seriale. Al calice il perlage è fine e persistente, il colore risulta giallo paglierino intenso con riflessi dorati. Al naso molto espressivo, con sentori di fetta biscottata ed agrumi, al palato ci colpiscono la freschezza e la persistenza straordinarie.
Terminiamo il nostro viaggio nelle langhe nella storica cantina di Giulio Cocchi, giovane e creativo pasticciere di Firenze che a fine Ottocento si trasferì ad Asti e vi stabilì la sua attività, specializzandosi nella creazione di vini aromatizzati come il Barolo Chinato, l’Aperitivo Americano e diversi tipi vermouth, ottenendo successo e fama in breve tempo.
Ma la Giulio Cocchi è diventata anche parte del Consorzio dell’Alta Langa DOCG e della sua produzione di spumanti, vi raccomandiamo, per questo, la loro ultima novità: l’extra brut vino biologico.
Si tratta di una cuvée di uve 50% Pinot nero e 50% Chardonnay, da agricoltura biologica, la cui pressatura e la fermentazione avviene, separatamente per le due varietà, in tini d’acciaio. Il lento ciclo di maturazione sui lieviti di questa speciale cuvée biologica si è protratto fino al primo dégorgement della partita avvenuto dopo 46 mesi.
In degustazione appare limpido e cristallino e dal color paglia con riflessi verdolini. All’olfatto si riconoscono note floreali di biancospino ma anche sentori più maturi di ginestra e acacia che lasciano spazio a freschi succhi di limone, e pompelmo. In bocca si caratterizza per una leggera sapidità calcarea e per un finale erbaceo che conferiscono una piacevole scorrevolezza alla beva.
L’Alta Langa DOCG si conferma così un’eccellenza che rispecchia la passione e l’orgoglio piemontese, non possiamo quindi che ringraziare i tanti viticoltori e produttori che hanno creduto in questa giovane denominazione e che hanno fatto crescere e affermare in tutto il mondo. Possiamo quindi dire che la scommessa è vinta e ricordare, citando un loro indimenticato conterraneo Cesare Pavese, che: “finchè si avranno passioni non si cesserà di scoprire il mondo”.
sdl