La vendemmia eroica ed impervia entra nel vivo anche nei vigneti più remoti del Belpaese

In Valle d’Aosta raccolta al via a metà agosto, sull’Etna si comincerà a metà settembre: il ruolo fondamentale della biodiversità.

In Valle d’Aosta si vendemmia già da metà agosto, ma in Sicilia, sull’Etna, forse si comincerà a metà settembre, in ritardo di almeno 10 giorni. Una Italia spaccata letteralmente in due: da Nord a Sud, quella della vendemmia eroica, ovvero le manovre, per lo più manuali, che si stanno avviando per la raccolta delle uve nei vigneti più impervi e a maggiore impatto di biodiversità del Belpaese. A fare il punto è il Cervim, il Centro di Ricerca, Studi, Salvaguardia, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana, che ha il polso della situazione di tutte le cantine situate negli angoli più remoti e difficilmente praticabili – eroici per l’appunto – d’Italia.

Come anticipato, vendemmia anticipata di venti giorni in Valle d’Aosta e minore produzione (calo del 30%) causa siccità e caldo. Si è salvato chi ha potuto irrigare, la metà del vigneto valdostano. “La quantità è in calo – commenta Stefano Celi, presidente Cervim e viticoltore valdostano – in tutta la Valle d’Aosta, chi ha potuto fare irrigazione di soccorso non ha subito diminuzioni significative di prodotto, chi non ha avuto questa possibilità, specialmente nei terrazzamenti e gradoni dove c’è un minore drenaggio, le produzioni sono davvero scarse. Per quanto concerne la qualità dovremo attendere l’uva nelle vasche. L’anticipo della vendemmia è intorno alle tre settimane: il Blanc de Morgex, coltivato ad altitudini elevate, si vendemmia già da fine agosto, mentre il Petit rouge (Torrette e Chambave) si vendemmierà da metà settembre. La situazione è aggravata – conclude Celi – dal contesto generale, con l’aumento dei costi di produzione in particolare di energia e carburanti che hanno fatto aumentare sia i costi di irrigazione e lavorazione sia delle di materie prime, a cui si aggiunge la scarsa reperibilità di bottiglie in vetro che si trovano con difficoltà”.

C’è attesa per la vendemmia di sua maestà Nebbiolo (Chiavennasca) simbolo della biodiversità vitivinicola della Valtellina, dove si prevede un calo della produzione del 20% ed una annata non semplice per siccità e caldo. “La siccità ha interessato anche i vigneti della Valtellina”, dice Danilo Drocco, presidente Consorzio Vini Valtellina e direttore della cantina Nino Negri. “Le poche piogge che ci sono state, sono state subito asciugate dal vento e dalle alte temperature. Inoltre, nei terrazzamenti, con poca terra a disposizione, l’acqua viene drenata e non resta a disposizione delle piante. Meno problemi in basso, dove in generale la qualità è buona. La vendemmia si svolgerà con una settimana di anticipo, nell’ultima settimana di settembre”.

Già cominciata, con oltre 15 giorni di anticipo, la vendemmia della Cantina di Aldeno, in Trentino Alto Adige, dove caldo anomalo e siccità prolungata, hanno messo in moto la macchina della raccolta. “Un’annata che ricorderemo non tanto per la qualità, che pure si sta riscontrando nei grappoli raccolti, quanto per le incertezze nell’organizzazione, dettate da tempi di vendemmia mai visti prima d’ora”, spiega il direttore della Cooperativa trentina, Walter Weber. Si è partiti con i bianchi base spumante, i Pinot Noir e il Lagrein è alle porte. “Ci preoccupano in particolare le acidità dei vini rossi, che tuttavia hanno avuto una mano dalle piogge degli ultimi giorni – continua Weber – qui c’è da aspettarsi un cambiamento del comportamento delle viti, quindi un approccio vitivinicolo diverso, con vini ad alte gradazioni”.

Nella zona dei Colli del Candia e Colli Apuani (provincia di Massa-Carrara), la situazione non è tanto diversa, con una vendemmia che sta cominciando in questi giorni, con 10 giorni di anticipo rispetto alla norma. “Il clima cambia inevitabilmente, il nostro vantaggio tuttavia è di poter investire ancora in risorse idriche di sostegno, semmai in futuro ce ne sarà bisogno”, commenta il presidente del Consorzio del Candia Colli Apuani e titolare della cantina Calevro, Fabrizio Bondielli. “La mancanza di viticoltura dalle nostre parti vorrebbe dire smottamento idrogeologico, sfasamento del paesaggio collinare e perdita di identità -conclude Bondielli – la biodiversità ha salvato la nostra viticoltura eroica”.

A picco sulla costiera Amalfitana, a Furore (Salerno), i vigneti di Marisa Cuomo sono pronti per la vendemmia, senza particolari problematiche o anticipi dettati dalla situazione climatica, qui è la biodiversità a salvaguardare la vite. “Le nostre sono viti a piede franco che hanno oltre 80 anni di età – spiega Andrea Ferraioli, titolare e agronomo – e reagiscono al caldo in maniera naturale, sfruttando l’umidità che si crea nei muretti a secco che le sorreggono e nella vaporizzazione del mare, le pergole fanno il resto tenendo in ombra il terreno”. Il problema è un altro a Furore: la manodopera. “Non riusciamo a trovare persone che resistano alla pesantezza della viticoltura eroica, tutta manuale e in condizioni estreme, non adatte a chi soffre di vertigini”, continua Ferraioli.

Nell’Isola di Antioco (Carbonia-Iglesias), tutto è pronto per la raccolta dei bianchi, in leggero anticipo rispetto allo scorso anno, ma, caso opposto, il caldo e la siccità hanno fermato il corso di maturazione del Carignano. “Abbiamo viti centenarie che reagiscono in maniera naturale al cambiamento climatico, nell’isola non possiamo prevedere nemmeno irrigazione, anche se concessa, quindi la scelta di aver proseguito su sesti d’impianto ritenuti arcaici è stato il segreto del mantenimento della vite”, dice il presidente della Cantina Sardus Pater, Raffaele De Matteis.

Infine, in Sicilia, lungo le discese dell’Etna, a Castiglione di Sicilia (Catania), si aspetta il momento buono per cominciare, nei tempi canonici, la raccolta dei bianchi base spumante, probabilmente entro metà settembre (con almeno una settimana di posticipo). Le piogge delle ultime due settimane hanno infatti fermato la maturazione. Per i rossi come il Nerello Mascalese si dovrà aspettare addirittura ottobre. “Il cambiamento climatico in atto ha portato a maturare l’uva da vino a mille metri, cosa che non succedeva fino a meno di dieci anni fa – commenta Vincenzo Bambina, l’enologo delle cantine Tornatore – quindi vendemmiare in alto è stata una scommessa che oggi ci sta dando ragione. Posso dire con tranquillità che nei nostri 60 ettari potrei riuscire a ricavare dalle stesse uve vini completamente diversi e questo è il valore aggiunto dell’Etna e la fortuna di chi, come Tornatore, ha scommesso qui in tempi non sospetti”, conclude Bambina.

Fonte: Winenews

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