Dalila ed Emanuela. Due sorelle figlie di una tradizione secolare. Sono loro che oggi portano avanti l’eredità della Cantina Jorche, cinque generazioni di una famiglia, quella dei Gianfreda, che ha fatto la storia di questo territorio, a Torricella, nel cuore del Salento settentrionale.
Dalila segue l’organizzazione e l’amministrazione della Masseria di cui gestisce l’ospitalità, mentre Emanuela, seguendo le orme di papà Antonio, si è laureata in Enologia e Viticultura a San Michele all’Adige ed ora è l’enologo di Jorche.
Dalla prima cantina di Giovanni Gianfreda, il più grande palmento di Torricella, è trascorso oltre un secolo durante il quale si sono intrecciate storie, uomini, eventi, viti e vigne. Un filo continuo che ha trasmesso di padre in figlio i saperi delle generazioni precedenti, i metodi tradizionali e i segreti della vinificazione, dal capostipite Giovanni al figlio Costantino fino al nipote Cosimo, il padre di Antonio che è il protagonista della storia recente. Antonio, enologo diplomato a Conegliano Veneto, nel corso degli anni ha dato nuovo impulso all’attività vitivinicola ristrutturando e ampliando la cantina paterna, costruita negli Anni Cinquanta e creando le condizioni ideali per un continuo miglioramento qualitativo.
Oggi quasi tutto è cambiato ma resta intatto l’amore per la tradizione, coniugato con le più moderne tecnologie e con l’obiettivo di ottenere la certificazione biologica, per la quale Dalila ed Emanuela hanno avviato l’iter due anni fa e che dovrebbe completarsi in tempo per la vendemmia del 2023.
La costruzione dell’attuale Cantina coincide con l’inizio di una nuova fase dell’attività vitivinicola di Jorche e con l’esordio dei suoi nuovi vini. I sei ettari di vigneto giovane – sui 41 ettari totali – sono disposti tutt’intorno alla nuova Cantina, una struttura architettonicamente moderna e tecnologicamente avanzata con accurati sistemi di controllo in tutte le fasi del processo produttivo, a partire dalla vendemmia realizzata manualmente fino all’ultimo affinamento del Primitivo, che avviene all’interno della nuova bottaia interrata nelle botti grandi e nelle barriques e in parte, ancora oggi, negli antichi “capasuni” (bellissimi recipienti di creta smaltata gialla simili alle giare) secondo il metodo originale.
Primitivo, Negramaro, Fiano, Bianco d’Alessano sono le varietà autoctone salentine coltivate da Jorche che dedica anche un impegno particolare al recupero e alla valorizzazione dei vitigni tipici della zona e poi nel tempo dimenticati, come il Bianco d’Alessano. La produzione è di 130mila bottiglie all’anno, il 90% delle quali destinate al mercato estero.
Michela Nicolais