Vini d’abbazia: a Fossanova la sapienza antica dei monaci

Nel 1200 c’erano circa 500 abbazie in Europa, di cui – non a caso  – San Benedetto è stato dichiarato patrono. Sono stati proprio i monaci i “custodi del vino”, dopo il crollo dell’Impero Romano, strappando letteralmente i territori fino ad allora vitati dal loro degrado per farli rifiorire e diventare oggetto non solo di sussistenza ma anche di mercato, grazie all’applicazione dello schema benedettino dell’”Ora et labora”.

E proprio un’abbazia cistercense, quella di Fossanova, consacrata nel 1208, è diventata la “location” della prima edizione di “Vini d’Abbazia”, organizzata dalla Pro Loco di Sabaudia, dall’Associazione Passione di Vino e dalla Strada del Vino della Provincia di Latina, con il contributo di Slow Wine e della Pro Loco di Priverno.
Nel borgo medievale di Fossanova, una realtà unica dove è rimasta inalterata l’atmosfera dell’Abbazia cistercense del XII secolo, una “due giorni” ha riunito attorno al chiostro, al refettorio e alla casa capitolare gli appassionati del vino, addetti ai lavori e non, in un percorso che si è snodato tra banchi d’assaggio, Masterclass e spettacoli dal vivo, caratterizzato dalla lentezza che si deve alla produzione di vini di pregio e dalla sapienza delle antiche abbazie italiane e francesi nel promuovere la cultura del vino e il lavoro di tutte quelle aziende di qualità legate al proprio territorio.

L’abbazia di Fossanova, costruita tra il 1163 e il 1208 e divenuta monumento nazionale nel 1874, è un esempio del primo stile gotico italiano, dagli interni spogli come l’austero “memento mori” dei monaci cistercensi, per volontà di San Bernardo da Chiaravalle, vuole. L’abbazia di Fossanova, dove è morto San Tommaso d’Aquino nel 1277 – come documentano la sua cella e una apposita scritta sull’altare – aveva un ruolo preminente nella zona, testimoniato da un’architettura nuda, un magnifico rosone, oltre a un tiburio e capitelli finemente scolpiti e ben conservati. Circondata da un borgo arricchito dai resti di una villa romana del I secolo a.C., il complesso dell’abbazia di Fossanova è costituito dal chiostro, fulcro del complesso, dalla chiesa di Santa Maria, dalla Sala Capitolare, dal refettorio, dalla cucina e dai dormitori dei “conversi”, i frati laici adibiti ai lavori dei campi. Oltre ai sovrastanti dormitori dei monaci, completano la struttura la casa dei pellegrini, il cimitero e l’infermeria.

Passeggiando, dunque, in una atmosfera sospesa nel tempo, ad inizio settembre ci si è potuti imbattere in vini d’anfora come ‘Nzu, di Marco Carpineti, vino rosso da Nero buono di Cori di cui si producono appena 4mila bottiglie, o in uno Chardonnay metodo classico fatto dai monaci dell’Abbazia di Praglia, che oltre ai religiosi conta solo cinque dipendenti, tra cui l’enologo.

Dall’abbazia di Crapolla, nella costa sorrentina ai piedi del Monte Faito, viene invece il Sireo, 60% Falanghina e 40% Fiano, mentre l’Abbazia di Novacella dall’Alto Adige ha portato all’assaggio “Praepositus”, prodotto esclusivamente con le migliori uve Kerner raccolte all’inizio del mese di ottobre, uno dei suoi fiori all’occhiello.

Bottiglie in piccoli numeri, insomma, per grandi vini: per chi conosce la sapienza antica dei monaci, di cui pullula il nostro territorio, non è certo una sorpresa. E “Vini d’Abbazia” lo conferma.

Michela Nicolais

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